Ultimo articolo dedicato a questa “miniserie” sul diritto testamentario. Ricordiamo che gli articoli precedenti sono disponibili sul mio blog…
La morte di un genitore è un evento estremamente doloroso, che mette a dura prova i nostri sentimenti, investiti dai ricordi ed incalzati da tutte le incombenze immediate. Bisogna però far fronte a tutte le incombenze sconosciute fino a pochi giorni prima e conoscere i molteplici effetti giuridici prodotti dalla morte di un nostro caro.
La destinazione e la gestione dei beni sia mobiliari che immobiliari del defunto è sicuramente la questione principale da risolvere. Gli eredi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, più di uno e, per quanto legati affettivamente o semplicemente per vincolo di sangue, non sempre esiste identità e concordanza di vedute sulla destinazione del patrimonio ereditario.
Un classico esempio è rappresentato dalla presenza di più fratelli o sorelle che ricevono in eredità un bene indiviso, quale potrebbe essere la casa del genitore scomparso: in tal caso, accettata l’eredità da tutti gli eredi, si realizza una vera e propria comunione sul bene in oggetto, definita tecnicamente comunione ereditaria.
La comunione ereditaria è disciplinata dalla legge, cosi come una qualsiasi comunione [Art. 1100 e seguenti c.c.], e la normativa di riferimento si applica per tutto il tempo in cui la condivisione del bene esiste. Ma che succede nel caso in cui uno dei fratelli decida di vendere il bene ereditato? In questo caso occorre distinguere le varie ipotesi, ma una premessa è fondamentale.
Il diritto di domandare la divisione della comunione ereditaria è imprescrittibile [Art.713 c.c.], ossia può essere chiesto al giudice in qualsiasi momento e il suo esercizio può essere limitato soltanto in alcuni casi particolari. Ad esempio se tra gli eredi potenziali c’è un concepito o in pendenza di un giudizio sull’accertamento della filiazione [Art. 715 c.c.]. Lo stesso genitore, in forma testamentaria, può pretendere che la divisione non avvenga prima che sia trascorso un certo periodo dalla sua morte (massimo cinque anni). In questo caso, il Tribunale, su istanza dell’erede e in presenza di gravi circostanze, potrebbe comunque autorizzare la divisione.
La prima possibilità per l’erede, dunque, potrebbe essere quella di vendere soltanto la propria quota di competenza sul bene in oggetto. In tal caso, però, egli deve riconoscere una prelazione a favore degli altri comproprietari: siamo in presenza del cosiddetto retratto successorio, anch’esso previsto dalla legge [Art. 732 c.c.], che impone al figlio venditore di notificare la proposta di vendita, con indicazione del prezzo, agli altri coeredi, prima di poterla realizzare con un qualsiasi estraneo.
Gli eredi possono riservarsi fino a due mesi di tempo per esercitare il diritto di riscatto. Se il venditore non rispetta il diritto di prelazione, evitando di comunicare alcunché agli altri coeredi, essi potranno acquisire la quota ereditaria anche dall’acquirente estraneo e dai successivi aventi causa.
Altra possibilità è quella di percorrere la via conciliativa. Nel frequente caso in cui una sorella debba vendere l’ex bene paterno perché necessita di liquidità, è possibile raggiungere un accordo tra tutti i fratelli, consenzienti e solidali, per la vendita dell’immobile e per la ripartizione in parti uguali tra tutti del prezzo ricavato.
L’accordo tra gli eredi è importante e molto efficace, poiché offre la possibilità di procedere alla divisione di tutti i beni ereditari e non soltanto, ad esempio, della casa di famiglia. La divisione amichevole che ne deriva, secondo opinione prevalente, ha natura puramente dichiarativa: ciò significa che gli effetti prodotti dal contratto di divisione saranno retroattivi sino alla data dell’apertura della successione.
Ultima possibilità è la più dolorosa e costosa è la divisione giudiziale. In tal caso, in assenza di ogni accordo tra i coeredi, sarà il Tribunale a procedere alla liquidazione delle quote ereditarie e saranno obbligatoriamente chiamati in causa tutti i coeredi. In primo luogo dovrà essere formata la massa ereditaria [Artt. 724 -725 c.c. ], cioè dovrà essere compilata la lista di tutti beni facenti parte dell’asse. A seguire ci sarà la valutazione dei beni e del patrimonio e successivamente l’attribuzione delle quote ereditarie secondo legge o testamento, se presente [Art. 726 c.c. ).
Infine ci sarà quindi l’assegnazione o l’attribuzione delle quote : nel primo caso si ha per sorteggio se le quote sono uguali, mentre, nel secondo caso, si ha quando le quote sono diseguali [Art.729 c.c.].
Se la divisione fosse stata preventivamente realizzata dal genitore in vita, mediante un testamento, problemi di questo tipo sarebbero assolutamente superati. E’ sempre e comunque una buona regola, per la preparazione di un testamento al fine di evitare problematiche e tensioni familiari, rivolgersi ad un legale o ad un notaio allo scopo di prevenire ogni eventuale successivo disaccordo o controversia.