Incredibile ma vero: la BREXIT è arrivata negli Stati Uniti e Donald Trump conquista la Casa Bianca.
Questo accade a dispetto di ogni sondaggio e previsione, che davano la Clinton vincente (i sondaggi nazionali ad esempio davano un vantaggio fino al 3,5% nella maggior parte degli Stati). Questa sarà la prima volta dai tempi di Dewey/Truman nel 1948 che i sondaggi alla vigilia dell’elezione hanno previsto un esito errato per le elezioni.
Nei prossimi giorni avremo un quadro più chiaro della ripartizione demografica dell’elettorato, ma sembra che Donald Trump abbia raccolto consensi di proporzioni storiche tra gli uomini bianchi nelle aree rurali, mantenendo al contempo il favore dei bianchi laureati, e che le minoranze abbiano accordato ai democratici un minore supporto rispetto al 2012. Questa tendenza è particolarmente evidente nella Rust Belt – il cosiddetto “muro blu” che vota democratico dal 1988 – dove il messaggio anti-establishment e anti-globalizzazione (e anti-Clinton) di Trump ha avuto un’influenza particolare. Sono proprio questi gli Stati che hanno portato il candidato repubblicano alla Casa Bianca.
E’ interessante notare poi che mentre tutti gli occhi erano puntati sulla corsa per la Casa Bianca, i Repubblicani manterranno la loro maggioranza sia alla Camera (risultato atteso) sia al Senato (anche se più ridotta di quella attuale).
I Repubblicani al Senato, pertanto, non avranno una maggioranza a prova di ostruzionismo (solo 60 voti), il che significa che dovranno comunque scendere a compromessi con i Democratici. Gli investitori ora si trovano a dover digerire la vittoria di un Presidente che ha promesso di creare 25 milioni di posti di lavoro e di erigere un muro lungo il confine con il Messico.
Alte probabilità di guerre commerciali
Le politiche fiscali del neo Presidente Trump taglieranno le tasse e la spesa ma, molto probabilmente, porteranno a tassi d’interesse più alti, inflazione più elevata e un deficit di bilancio più ampio. Ipotesi plausibile è che il Congresso ammorbidisca i piani fiscali del nuovo Presidente, che, però, avrà più libertà sul fronte del commercio. Di conseguenza, si assisterà alla presenza di stimoli fiscali modesti e all’irrompere di una guerra commerciale, in quanto il Presidente alzerà i dazi con Cina e Messico.
L’effetto netto risulta essere questo: dopo una breve fase di slancio grazie ai tagli delle tasse, l’economia si raffredderà, con l’aumento dell’inflazione e dei tassi d’interesse. Con i dazi più elevati che spingeranno al rialzo i prezzi e con l’incremento dei salari dovuto al calo dell’offerta di forza lavoro d’immigrati, il risultato finale probabilmente sarà una stagflazione: crescita più debole e inflazione più elevata.
Probabile volatilità, svanisce lo scenario dei tassi bassi
E’ improbabile che tutto ciò si riveli a favore dei Mercati: i rendimenti dei bond potrebbero salire, in quanto gli investitori andranno alla ricerca di maggiori premi per il rischio dell’inflazione, mentre i mercati azionari dovrebbero mostrare un de-rating. Probabilmente assisteremo a una volatilità notevole, visto che il contesto di tassi bassi degli ultimi anni, che ha sostenuto le valutazioni dell’equity e guidato i titoli simil-obbligazionari, va scemando sensibilmente.
La riduzione delle imposizioni fiscali per le imprese compenserà in parte tali effetti, quindi settori come l’energia e i finanziari potrebbero trarre beneficio dall’allentamento delle regolamentazioni.
Più in generale, la prospettiva del protezionismo e la minore crescita globale colpiranno i mercati azionari e gli asset rischiosi in tutto il mondo. I Mercati Emergenti sono particolarmente vulnerabili, data la loro dipendenza dal commercio globale.
Grande richiesta di beni rifugio, ma l’outlook del dollaro è incerto
difficile una previsione sul comportamento del dollaro in questo contesto. Alcuni prevedono una valuta più forte, guidata dai rendimenti più alti, ma, visto che questi saranno accompagnati da un’accelerazione dell’inflazione, questa conclusione non può essere data per scontata. Inoltre, molti investitori potrebbero essere scoraggiati dal deterioramento delle relazioni internazionali degli USA con il resto del mondo. E’ probabile che la domanda per le valute considerate beni rifugio, come lo yen o il franco svizzero, aumenti e che gli investitori si riversino sull’oro.
Commercio: Trump si è espresso positivamente sul tema del commercio. Inutile dirlo, i nuovi accordi commerciali sono morti, ma ricordate: il commercio è un tema sul quale l’autorità esecutiva ha poco potere decisionale. Trump ha dichiarato che vorrebbe rinegoziare il trattato NAFTA e che se il Messico si opponesse, potrebbe far ritirare gli Stati Uniti dal NAFTA; questo potrebbe farlo senza l’approvazione del Congresso. Trump fornirà comunque più dettaglio nei prossimi giorni, in particolare quando i suoi consiglieri lo allerteranno sul brusco calo registrato dal peso messicano.
Riforma del sistema fiscale: la riforma fiscale è un’altra area su cui Trump ha già fornito alcuni dettagli. Il suo piano di riforma assomiglia molto a quello avanzato da Paul Ryan e per quanto riguarda le imprese assomiglia a quello promosso dai Repubblicani al Congresso.
La riforma fiscale – sia per le imprese che per gli individui – è una delle priorità dei Repubblicani e sarà, perciò, una dei grandi banchi di prova per il 2017 (bisogna comunque ricordare che la riforma fiscale è un tema molto complicato sui cui indubbiamente ci sarà molto da discutere, anche in presenza di una maggioranza repubblicana al congresso).
Spese per infrastrutture: Trump ha fatto diversi riferimenti all’argomento, senza tuttavia fornire troppi dettagli. Ha parlato di un pacchetto che potrebbe avere una dimensione di 1 trilione di dollari – anche se appare improbabile che un Congressso Repubblicano possa supportare un pacchetto così gravoso a livello fiscale (la maggior parte dei membri repubblicani del congresso sono, infatti, conservatori per quanto riguarda la politica fiscale). Si potrebbe comunque muovere qualcosa, anche se non dell’entità dichiarata da Trump.
Obamacare: Trump ha anche dichiarato che avrebbe “abrogato e rimpiazzato” l’Obamacare, senza fornire, tuttavia, dettagli sul come e sul quando. Questa era comunque una priorità per i Repubblicani al Congresso e sarà perciò una delle più importanti priorità per il 2017.
Regolamentazione finanziaria: potremmo assistere anche a diversi passi indietro su molti dei principi cardine del Dodd-Frank Acte su molte delle più recenti novità a livello regolamentare. Trump per il momento non ha voluto sbilanciarsi sulle modalità operative.
Janet Yellen: Il mandato della Yellen si concluderà alla fine del febbraio 2018 e ancora non è noto se si farà da parte prima di allora (nei corridoi della Fed gira voce di no) o terminerà regolarmente il proprio mandato. Trump non ha comunque il potere per cacciarla prima della fine del suo mandato. E’, tuttavia, molto improbabile che la rinomini (potrebbe nominare qualcuno dello schieramento dei “falchi”), anche per questioni di cautela.
In conclusione: Questo esito è veramente inatteso e chiaramente non piace ai mercati. Tuttavia, nessun futuro Presidente vorrà essere ricordato come responsabile di un crollo degli asset di rischio. Perciò, realisticamente, Trump potrebbe annunciare la nomina di un qualche consigliere “tecnico” vicino a Wall Street per ridare confidenza ai mercati.
Rimango come di consueto a disposizione per ogni chiarimento.