Spesso alcuni miei clienti – per curiosità o per effettivo bisogno – mi chiedono indicazioni, su come fare per evitare di lasciare parte della propria eredità a parenti o eredi “sgraditi”.
Ne parlo approfonditamente nel mio libro “Passaggio generazionale – le tre eredità“, ma in questo articolo riporto le informazioni salienti
Il capitolo «eredità» del nostro codice civile risente ancora di una concezione familiare del patrimonio, il Diritto Romano infatti – diversamente da quello anglosassone – predilige la Famiglia all’Individuo. Tant’è vero che la legge non lascia libero nessuno di noi di stabilire a favore di chi fare testamento. O meglio, esiste una quota del proprio patrimonio che deve andare necessariamente ai familiari più stretti, la cosiddetta «quota legittima», mentre il residuo può essere lasciato a chi si vuole, e viene denominata «quota disponibile». Queste quote intervengono solo nel caso in cui il defunto abbia fatto testamento, mentre in assenza di testamento o nel caso esso venga annullato, è la legge stessa a stabilire tra chi e in che parti debba essere diviso il patrimonio.
I familiari più stretti che hanno diritto alla quota legittima – i cosiddetti legittimari – sono in realtà pochi: si tratta del coniuge e dei discendenti, figli e nipoti, in assenza dei quali subentrano gli ascendenti, genitori e nonni.
Ma esiste un modo per non lasciare l’eredità ai parenti nonostante quanto disposto dalla Legge? Se si volesse, ad esempio, dividere i propri beni tra amici e associazioni, senza lasciare nulla ai familiari – colpevoli, magari, di essersi completamente dimenticati di un genitore, un nonno o uno zio e averlo lasciato in solitudine anche negli ultimi anni della sua vita – come si deve agire? Per evitare problemi agli eredi e cause familiari alla propria morte, ciascuno di noi dovrebbe tenere sempre in considerazione quale parte del suo patrimonio è riservata ai legittimari, e quale parte invece è liberamente disponibile, attribuendola a chi vuole. Esistono tuttavia risicati margini per derogare alle norme del codice civile, previste per chi non vuole lasciare l’eredità ai parenti.
Alcuni parenti prossimi del defunto sono tutelati dall’eventualità che il testamento li possa privare della quota di eredità loro riservata obbligatoriamente dal Codice Civile. Si tratta del coniuge, dei figli, e degli ascendenti. Questi parenti, detti legittimari, ereditano necessariamente una parte del patrimonio, a prescindere da ciò che il defunto ha disposto: è la cosiddetta «successione necessaria».
In caso di mancato rispetto delle quote di legittima da parte del testatore, può verificarsi una di queste due conseguenze:
- i legittimari privati della quota loro riservata fanno causa agli altri eredi per tutelare il loro diritto e ottenere la parte di patrimonio loro spettante (azione di riduzione);
- i legittimari non agiscono in giudizio: trascorrono 10 anni e si prescrive il loro diritto, cosicché il testamento resta immodificabile; oppure accettano esplicitamente le ultime volontà del defunto.
Le quote di legittima
Quali sono le quote di legittima che spettano ai parenti più prossimi?
Cosa spetta al coniuge
Vediamo innanzitutto cosa spetta al coniuge. Al coniuge, anche se ci sono altri eredi, spetta sempre il cosiddetto diritto di abitazione, ossia la possibilità di continuare a vivere nella casa coniugale.
Inoltre, al coniuge spetta:
- 1/2 dell’eredità se non ci sono figli e genitori della persona defunta;
- 1/3 dell’eredità se c’è un figlio unico della persona defunta;
- 1/4 dell’eredità se ci sono 2 o più figli della persona defunta;
- 1/2 dell’eredità se mancano i figli ma c’è uno o entrambi i genitori del defunto.
Cosa spetta ai figli del defunto
Al figlio unico spetta:
- 1/3 dell’eredità se, oltre a lui, è ancora in vita l’altro genitore, ossia il coniuge del defunto;
- 1/2 dell’eredità se manca il coniuge del defunto.
Ai figli, quando sono più di uno, spetta:
- 1/2 dell’eredità da dividere in parti uguali, se, oltre a loro, è ancora in vita l’altro genitore, ossia il coniuge del defunto;
- 2/3 dell’eredità se manca il coniuge del defunto.
Cosa spetta ai genitori del defunto
Ai genitori spetta:
- 1/3 dell’eredità se mancano sia i figli che il coniuge del defunto;
- 1/4 dell’eredità se mancano i figli ma c’è il coniuge del defunto.
Qual è la parte eredità di cui si può disporre liberamente?
Veniamo ora alle quote di eredità di cui il testatore può disporre liberamente. Esse sono:
- se c’è il coniuge e in assenza di figli e senza ascendenti del defunto: 1/2 eredità;
- se c’è il coniuge più un figlio unico (anche se viventi gli ascendenti del defunto): 1/3 eredità;
- se c’è il coniuge più 2 o più figli (anche se viventi gli ascendenti del defunto): 1/4 eredità;
- se c’è il coniuge più gli ascendenti (senza figli): 1/4 eredità
- se non c’è il coniuge ma c’è solo un figlio unico: 1/2 eredità;
- se non c’è il coniuge ma ci sono 2 o più figli (anche se viventi gli ascendenti del defunto): 1/3 eredità;
- se non c’è il coniuge ma sono presenti gli ascendente/i del defunto (senza figli): 2/3 eredità.
Revoca del testamento
Se si è lasciato ai propri parenti più di quanto la legge impone è sempre possibile revocare il proprio testamento e sostituirlo con un altro. La revoca, che può intervenire in qualsiasi momento, può essere di due tipi:
- revoca espressa del testamento: si scrive un nuovo testamento, o si rilascia una dichiarazione con atto notarile in cui si dice – in modo esplicito – di voler togliere ogni validità al precedente testamento (ad esempio: «Revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria»);
- revoca tacita del testamento: si scrive un nuovo testamento in cui si dispone degli stessi beni di cui si è disposto nel precedente, ma in favore di altri soggetti; essendovi incompatibilità tra i due documenti prevale quello cronologicamente successivo. Sono considerate revoca tacita la distruzione del testamento, o la vendita o donazione dei beni oggetto del testamento qualora effettuate successivamente alla stesura del testamento stesso.
Sopravvenienza di figli
Un modo per togliere validità al testamento e, quindi, non lasciare nulla ai parenti cui prima si era disposto in favore è la sopravvenienza di figli. Se si dimostra che il defunto, al tempo del testamento non aveva, o ignorava di avere, figli o discendenti, il suo testamento viene revocato di diritto per l’esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente del testatore, anche se quest’ultimo è nato dopo la sua morte oppure, sempre dopo il decesso del testatore, ha ottenuto il riconoscimento giudiziale della paternità. La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento.
Indegnità dei parenti
Uno dei modi per non lasciare l’eredità ai parenti è la dichiarazione di indegnità. Bisogna cioè intentare una causa contro l’indegno affinché il giudice lo dichiari tale e gli tolga ogni diritto a succedere, nonostante parente legittimario. È indegno chi si macchia di un comportamento riprovevole nei confronti del defunto; in particolare si tratta di chi:
- ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge (al quale è equiparata la parte di una unione civile), o un discendente, o un ascendente della medesima;
- ha commesso, ai danni dei soggetti sopra elencati, un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio;
- ha denunziato una di tali persone per reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale;
- essendo decaduto dalla potestà genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratta, non è stato reintegrato nella potestà alla data di apertura della successione della medesima;
- chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento, o l’ha impedita;
- chi ha soppresso, celato o alterato il testamento (valido) dal quale la successione sarebbe stata regolata;
- chi ha prodotto un testamento falso o ne ha fatto uso consapevole (salvo dimostri che il contenuto del testamento corrispondeva alla volontà del defunto e che questi aveva consentito alla compilazione da parte di lui nell’eventualità che egli non fosse riuscito a farlo).
Si può diseredare un parente?
Fuori dai casi di indegnità di cui abbiamo appena parlato, la legge non consente di diseredare nessuno. Secondo la Cassazione, è valida la clausola con la quale il testatore manifesti la volontà di escludere dalla propria successione alcuni dei potenziali eredi, purché non legittimari.
Si può diseredare un padre?
In generale, il figlio non può mai diseredare il padre in quanto questi è suo erede legittimo, e – allo stesso modo – il padre non può diseredare il figlio. Il codice civile contiene però una deroga in caso di decadenza del padre dalla responsabilità genitoriale. In particolare la legge stabilisce che il figlio, anche adottivo, e – in sua mancanza – i discendenti prossimi, non sono tenuti all’adempimento dell’obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale e, per i fatti che non integrano i casi di indegnità che abbiamo elencato poc’anzi, possono escluderlo dalla successione.
In pratica, anche il figlio può escludere dalla successione il proprio genitore contro il quale è stata pronunciata decadenza della responsabilità genitoriale.
Donazioni in vita e prescrizione dal diritto di impugnazione
Di solito, per non lasciare l’eredità ai parenti, si è soliti donare o vendere in vita tutto il proprio patrimonio. Le donazioni, però, possono essere impugnate dai legittimari che siano stati privati delle quote loro spettanti per legge per ottenere la restituzione della parte di patrimonio loro negata dal testamento. Tuttavia l’impugnazione non è più possibile se:
- i legittimari hanno firmato un’espressa rinuncia a contestare le donazioni del parente; in tal caso, questi è libero di dare i propri beni a chi vuole senza doversi più preoccupare che un giorno, i parenti più prossimi possano contestare le proprie scelte;
- decorre il termine di prescrizione per impugnare le donazioni. Questo termine è di 10 anni dall’apertura della successione o di 20 anni dalla donazione stessa. Trascorsi 20 anni dalla donazione, infatti, il legittimario che non trovi nel donatario un patrimonio sufficiente a ripristinare la propria quota di legittima, non può avanzare più alcuna pretesa nei confronti di un eventuale terzo cui sia stato regalato il bene.
Vendite simulate
Veniamo infine al mezzo più usato – e forse anche più sicuro, sebbene difficoltoso – per non lasciare l’eredità ai parenti.
Come sottolineato precedentemente, la donazione dei beni fatta in vita dal testatore, comporta una serie di problemi come la possibilità dell’azione di riduzione o restituzione da parte degli eredi. Così, chi non vuole lasciare l’eredità ai parenti provvede a vendere tutti i propri beni. La vendita, infatti, non è revocabile perché presuppone un corrispettivo a titolo di prezzo per l’acquisto ed è quest’ultimo a finire in successione.
Molto spesso però si effettuano delle vendite simulate, in cui un corrispettivo non viene mai corrisposto o, se corrisposto, è irrisorio. È il caso – per fare un esempio – della vendita di una casa, del valore di 200mila euro, al prezzo di 10mila euro. In questi casi gli eredi possono far valere la simulazione e annullare l’atto: dimostrare la simulazione è però tutt’altro che agevole, specie se vi è un trasferimento di denaro dal conto del venditore a quello del compratore. Questa ipotesi quindi mette al riparo il patrimonio del testatore da eventuali contestazioni degli eredi legittimi molto meglio della donazione che.
Va però considerato lo svantaggio fiscale: si pagano più tasse con la vendita che con la donazione. Inoltre, l’eventuale azione di rivalsa da parte del legittimario contro la vendita simulata si prescrive in 10 anni a decorrere dall’apertura della successione. Spesso si tende a far figurare la cessione della casa a fronte di vitalizio: in pratica, si dona la nuda proprietà dell’immobile in cambio di assistenza fino agli ultimi anni della propria vita. Ma per la giurisprudenza questo atto è nullo se il cedente è già molto anziano o gravemente malato, se non addirittura in pericolo di vita.
Come potete vedere, la materia è solo apparentemente chiara e inequivoca, per ogni azione specifica di tutela del vostro patrimonio è bene consultarsi prima con professionisti esperti e imparziali.
Consideratemi a disposizione per ogni ulteriore dubbio o chiarimento.