Ancora un articolo sul tema dell’eredità e della successione agli eredi legittimi… In caso di conflitti, può un genitore destinare tutti i suoi beni a un unico figlio, escludendo gli altri dal Testamento…?
Per legge, il Testatore – cioè colui che fa testamento – non può assolutamente disporre, con le ultime volontà, di tutti i propri beni: una parte del suo patrimonio, infatti, deve andare, sempre e comunque, al coniuge e ad alcuni parenti stretti, tra cui i figli.
Della residua parte – che chiameremo disponibile – il Testatore può farne ciò che meglio crede.
Pertanto, anche qualora il testamento di uno dei due genitori o di entrambi non abbia previsto nulla in favore di uno dei due fratelli, quest’ultimo resta tutelato dalla legge e potrà eventualmente impugnare il testamento, con ottime possibilità di vittoria.
Al fratello “dimenticato” nel testamento spetta obbligatoriamente una parte del patrimonio del Testatore, anche se non viene menzionato nel testamento stesso.
Consideriamo l’ipotesi molto probabile in cui i genitori decedano l’uno a distanza di tempo dall’altro (basterebbe anche uno spazio di tempo di pochi secondi per applicare le seguenti regole). Se il defunto lascia il coniuge superstite e più di un figlio, ai figli spetta almeno (in quote uguali) la metà del patrimonio mentre al coniuge spetta almeno un quarto.
In altre parole, al fratello spetta almeno una metà del patrimonio dei suoi genitori, da dividere in parti uguali con l’altro fratello. E ciò perché lo prevede obbligatoriamente la legge.
Il Testatore potrà disporre liberamente solo della parte residua del proprio patrimonio (“disponibile”). Non esiste alcun tipo di vincolo in questo caso: il che significa che è possibile anche destinare questa quota a uno dei soggetti tutelati dalla legittima che in tal modo risulterà destinatario, oltre che della quota di legittima, della disponibile.
Il testamento può essere impugnato entro dieci anni dall’apertura della successione che coincide con la morte del testatore, ma solo nel caso in cui leda la quota di legittima spettante ad uno dei legittimari. In pratica, i legittimari, in caso di esclusione o di lesione della propria quota di legittima, possono agire nei confronti di coloro che hanno ricevuto diposizioni testamentarie o donazioni lesive dei propri diritti, al momento della morte del testatore e/o del donante ed entro dieci anni da questa data.
Come si fa a determinare la quota spettante ai Legittimari ?
- si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto nel momento della morte;
- si detraggono i debiti in modo da far rimanere solo l’attivo (relictum);
- si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione – donatum – secondo il valore che avevano al tempo della successione;
- dalla somma di questi due valori – relictum + donatum – si forma l’asse su cui verranno calcolate la quota disponibile e, per differenza, quella dei legittimari.
In pratica, per calcolare la quota minima che spetta ai soggetti predetti, si deve sommare il valore dei beni che il defunto ha lasciato alla sua morte con il valore dei beni di cui il testatore abbia disposto, con donazioni, durante la propria vita (il cui valore va determinato al momento della morte del testatore). Ciò per evitare che il testatore possa eludere le norme sul testamento, donando in privilegio di un solo soggetto (per es. un solo figlio) la gran parte dei propri beni. Dall’importo che si ottiene da tale addizione bisogna detrarre eventuali debiti.
I legittimari hanno a disposizione tre azioni:
- Azione di riduzione della legittima, che mira esclusivamente ad accertare l’esistenza e l’inefficacia delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive;
- Azione di restituzione contro il beneficiario della disposizione lesiva, che mira ad ottenere dal beneficiario la restituzione della quota di patrimonio a questi indebitamente devoluta;
- Azione di restituzione contro terzi aventi causa dal beneficiario della disposizione lesiva, che mira a recuperare, verso i terzi, i beni ereditari o quelli donati.